SSN. Allarme rosso @Medici_Manager

Gavino Maciocco http://www.saluteinternazionale.info/2012/11/ssn-allarme-rosso/

Le affermazioni di Mario Monti evocano privatizzazioni del finanziamento del SSN in totale contrasto con i principi della legge 833/78 istitutiva del SSN, ma coi tempi che corrono non c’è da stupirsi di nulla. In Spagna in un sol giorno (20 aprile 2012), con un Decreto Reale, hanno cancellato il loro servizio sanitario nazionale (tra i più economici d’Europa) e hanno riesumato le casse mutue del Franchismo.

La sostenibilità futura dei sistemi sanitari nazionali, compreso il nostro di cui andiamo fieri potrebbe non essere garantita se non si individueranno nuove modalità di finanziamento per servizi e prestazioni”. Questa frase pronunciata da Mario Monti, intervenendo in collegamento a Palermo durante l’inaugurazione di un centro biomedico, lascia pochi dubbi sul suo reale significato (nonostante le successive precisazioni del premier e del ministro della sanità): si tratta di trovare “nuove” modalità di finanziamento del sistema sanitario.

Quelle “vecchie” o “usuali” le conosciamo: sono la fiscalità generale, l’assistenza integrativa (che già oggi copre 11 milioni di persone) e – ahimè sempre più diffuso – il pagamento diretto delle prestazioni da parte dei pazienti.

Va detto che l’affermazione di Mario Monti non giunge inaspettata (anche se il solo fatto di averla pronunciata ha provocato un terremoto mediatico con una lunga sequela di reazioni).

Infatti, basta mettere in ordine temporale le dichiarazioni di personalità di diversa provenienza per capire come dell’argomento “nuove modalità di finanziamento”, ovvero di forme – più o meno estese – di privatizzazione del finanziamento del sistema sanitario italiano, si discuta da tempo purtroppo nel disinteresse generale.

Possiamo distinguere due diverse proposte, che hanno però in comune l’esito finale: la distruzione del servizio sanitario universalistico introdotto con la legge 833 del 1978.

1.  Assicurazione privata per i ricchi

Chi supera una certa soglia di reddito dovrebbe uscire dalla copertura del servizio sanitario nazionale e rivolgersi alle assicurazioni private. Si formerebbe una categoria a parte, che stimolerebbe il mercato delle assicurazioni”.
Umberto Veronesi, Corriere della Sera, 10 marzo 2012

Dobbiamo ripensare più profondamente alla struttura del nostro Stato sociale. Per esempio, non è possibile fornire servizi sanitari gratuiti a tutti senza distinzione di reddito. Che senso ha tassare metà del reddito delle fasce più alte per poi restituire loro servizi gratuiti? Meglio che li paghino e contemporaneamente che le loro aliquote vengano ridotte. Aliquote alte scoraggiano il lavoro e l’investimento. Invece, se anziché essere tassato con un’aliquota del 50% dovessi pagare un premio assicurativo a una compagnia privata, lavorerei di più per non rischiare di mancare le rate”.
Alberto Alesina e Francesco Giavazzi,  Corriere della Sera, 23 settembre 2012

Le conseguenze di una simile soluzione sono ben note, perché da lungo tempo sperimentate in America Latina, dove in diversi paesi (come il Brasile) c’è una forte commistione tra servizio sanitario nazionale e mercato assicurativo privato. I ricchi, i giovani e i sani – allettati da una riduzione delle tasse – troveranno più conveniente affidarsi alle assicurazioni  private. I gruppi a medio e basso reddito, i malati cronici e gli anziani (che le assicurazioni private non vogliono) rimarranno all’interno di un sistema sanitario pubblico che, privato di consistenti entrate fiscali, sarà molto peggiore di quello che conosciamo oggi.

2. Assicurazione privata per le prestazioni specialistiche e diagnostiche

“Paolo Cattabiani, presidente di Legacoop Emilia Romagna, ha anticipato all’Unità e al Corriere della Sera che le cooperative stanno studiando un piano per entrare nel settore sanitario. Cattabiani parla di “secondo welfare”, soluzioni capaci di surrogare l’intervento pubblico vista la crisi dello Stato sociale. La mutua offrirebbe una serie di prodotti sanitari specialistici.” 
Coop e Unipol si muovono sul mercato. Sanità e assicurazioni settori strategici, AffariItaliani.it, 7 agosto 2012. 

“In questo senso non è escluso che si arrivi a chiedere un contributo responsabile a chi può pagare, in rapporto al reddito. E che si possa pensare che certe categorie di lavoratori possano fare un’assicurazione privata finalizzata a garantirsi specialistica e diagnostica. Servizi che ormai si trovano nel privato allo stesso prezzo del pubblico con i suoi ticket. I tempi cambiano, e in un quadro di crisi come quello attuale tutto gratis non può più essere”.  
Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana, Il Tirreno, 1 Ottobre 2012.

“Continueremo a razionalizzare le spese ma bisogna andare oltre e con i sindacati già ne discutiamo: vanno create assicurazioni mutualistiche per diagnostica e specialistica, ormai la rete del privato sociale offre prestazioni a prezzi concorrenziali con il servizio sanitario nazionale per chi non è esentato dal ticket. Mentre ospedali e medicina del territorio devono rimanere pubblici, questo è un principio irrinunciabile”.
Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana, La Repubblica, 24 Novembre 2012.

La probabile conseguenza di una tale proposta è la  rimozione dell’intero settore della diagnostica e della specialistica dai Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA), dalle prestazioni erogabili dal SSN, consegnando così alle assicurazioni private un mercato valutato intorno ai venti miliardi di euro l’anno.

Segnalo qui due tra gli aspetti più critici di una simile ipotesi (oltre a quello, ovvio, di come garantire l’accessibilità alle prestazioni a coloro che non sarebbero in grado di pagarsi l’assicurazione privata).

  1. Già oggi il settore della diagnostica e della specialistica è quello più esposto ai rischi degli sprechi e dell’inappropriatezza. Con l’ingresso delle assicurazioni private questi rischi sarebbero destinati a dilatarsi a dismisura come insegna l’esperienza americana e il conto (salato) alla fine lo pagherebbero le imprese, i lavoratori e i cittadini in genere. E indirettamente anche il SSN.
  2. La separazione tra cure specialistiche e cure primarie accentuerebbe la tendenza a occuparsi delle malattie e non delle persone. L’esatto contrario di ciò di cui c’è bisogno nell’era delle malattie croniche, dove le persone hanno spesso più di una malattia e c’è bisogno di un team (medici di famiglia, specialisti, infermieri, etc) che si occupi in maniera integrata dei loro complessi bisogni.

In entrambe le privatizzazioni si tratterebbe di operazioni molto complesse e – ripeto –  in totale contrasto con i principi della legge 833/78 istitutiva del SSN, ma coi tempi che corrono non c’è da stupirsi di nulla. In Spagna in un sol giorno (20 aprile 2012), con un Decreto Reale, hanno cancellato il loro servizio sanitario nazionale (tra i più economici d’Europa) e hanno riesumato le casse mutue del Franchismo.

Insomma tira un’aria da allarme rosso. Coloro che hanno a cuore il nostro Servizio sanitario nazionale hanno di che riflettere perché – citando Naomi Klein  – “Quelli che si oppongono al welfare state non sprecano mai una buona crisi”.

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Commenti

  • Fabrizio Fontana  Il 2 dicembre 2012 alle 10:33

    Forse e’ il caso di definire meglio i contorni dei LEA e “ripulire” i cantucci della in appropriatezza, togliendo tutto quello che non produce valore per le persone !

  • Bruno Paccagnella  Il 2 dicembre 2012 alle 10:43

    Se il processo di smantellamento del SSN italiano, delineato nella nota, si verificasse veramente per motivi di cassetta non resterebbe che rassegnarsi al tramonto della sicurezza sociale nel nostro paese e piangere amaramente oppure ribellarsi con estrema violenza al turpe mercato.

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