
Gianfranco Damiani, Serena Carovillano, Andrea Poscia e Giulia Silvestrini
L’Inghilterra, ideatrice e promotrice del modello Beveridge, apre le porte del suo NHS al privato. Mentre gli Stati Uniti, storicamente affezionati all’idea di una sanità di libero mercato, iniziano a sperimentare modelli di assistenza universalistica.
Alla luce delle quasi contemporanee riforme di due dei principali sistemi sanitari mondiali (Regno Unito e Stati Uniti) ci si propone di descrivere gli approcci di questi due Paesi nell’ambito della Primary Health Care (PHC). In particolare nel presente post verrà proposto un focus sulla componente di PHC di pertinenza medica (Primary Medical Care), indagando le differenti modalità organizzative proprie dei Medici di Medicina Generale (MMG) proposte nei due contesti presi in esame.
Per una più chiara comprensione delle trasformazioni avvenute, è necessario ripercorrere le principali tappe di costituzione e sviluppo dei Sistemi Sanitari in questione.
Regno Unito
Il Sistema Sanitario del Regno Unito (National Health Service – NHS), nasce nel 1946 con il “National Health Service Act“, con il proposito di garantire a tutti i residenti sul suolo britannico, senza distinzioni geografiche, assistenza primaria, ospedaliera e servizi specialistici.
Successivamente nel 2010 viene pubblicato il libro bianco “Equity and Excellence: Liberating the NHS”[1], divenuto legge nel marzo 2012 “Health and Social Care Act 2012″[2]. Sebbene i principali obiettivi dichiarati di tale riforma sembrino essere una semplificazione dell’apparato burocratico volta a recuperare la centralità del paziente[3], molti dubbi, già ampliamente discussi in questo blog[4,5,6], hanno caratterizzato e ostacolato il suo percorso legislativo[7,8,9]. Molte delle trasformazioni introdotte dalla riforma interessano i MMG Inglesi, in particolare una delle principali innovazioni previste è l’abolizione dei Primary Care Trust (PCT, un equivalente delle nostre Aziende Sanitarie Locali –ASL) e delle “Strategic Health Autorities” (SHA – Strutture che esplicano funzioni simili ai nostri assessorati Regionali alla Sanità). Questi enti verranno sostituiti sia fisicamente che funzionalmente dai Clinical Commisionig Group (CCG), ovvero grandi consorzi di medici di famiglia (General Pratictioners – GPs-). (Vedi anche Dossier NHS)
Stati Uniti
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il sistema sanitario americano è basato prevalentemente sul settore privato, sia sul versante del finanziamento, tramite le assicurazioni, sia su quello dell’offerta e della produzione dei servizi, anche con una rilevante componente assicurativa pubblica, finanziata dal Governo federale e statale[10,11]. Da qui la definizione di tale sistema sanitario come fondato sul libero mercato. Dalla campagna elettorale del 1912 del candidato progressista Theodore Roosevelt, negli Stati Uniti, si dibatte sulla necessità di una riforma che assicuri l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini[11]. Barack Obama, con l’approvazione il 23 marzo 2010 della riforma sanitaria, pur avendo rinunciato all’idealistico obiettivo di una Assicurazione Sanitaria Pubblica, è stato di fatto il primo Presidente Americano a far approvare una riforma che punta a contenere la spesa sanitaria, ma anche a ridurre i larghi margini di inappropriatezza, di iniquità e di inefficienza che affliggono la sanità in questo paese, con l’obiettivo ultimo di migliorare gli outcome di salute della popolazione, contrastando in particolare la diffusione delle malattie croniche (in primis obesità e diabete)[12,13]. In questo contesto di cambiamento ha iniziato a muovere i primi passi un nuovo modello di erogazione di assistenza di primo livello, le Accountable Care Organization (ACO). Un modello assistenziale rivolto esclusivamente a quella parte di popolazione americana beneficiaria dell’assistenza sanitaria “gratuita” offerta da Medicare e Medicaid (entrambi programmi assicurativi statali che la Sanità Americana offre a tutti i cittadini ultrasessantacinquenni e pazienti dializzati senza limite di età, e a gruppi di popolazione a basso reddito come bambini, donne in gravidanza, disabili, anziani indigenti e malati di AIDS)[14,15].
L’intento di questo approfondimento sarà quello di analizzare i principali punti di forza e debolezza finora evidenziati in letteratura dei due modelli di ”Medical Primary Care” proposti nell’ambito delle due riforme: i Clinical Commissioning Group (CCG) e le Accountable Care Organization (ACO).
Modello Regno Unito: Clinical Commissioning Group
I CCG sono organizzazioni private, formate da gruppi di GPs con almeno un accountable officer, che hanno l’obiettivo di garantire assistenza ai loro iscritti. Tale assistenza dovrà essere erogata direttamente o commissionando i servizi, promuovendo l’uguaglianza e coinvolgendo il paziente e la comunità nella definizione dei percorsi assistenziali più idonei e nella successiva valutazione. I CCG collaborano con altre figure sanitarie e con le “Local Communities” e le “Local Authorities”. Ogni associazione di medici di famiglia (GP practice) deve appartenere ad un CCG, che deve formarsi in modo tale da assicurare “la migliore assistenza ed i migliori risultati in termini di salute”. Sebbene sia prevista la libertà del paziente, che sceglie a quale practice iscriversi, i CCG dovrebbero avere confini che “normalmente” non oltrepassano quelli delle Local Authorities e con un numero di pazienti oscillanti tra i 100.000 ed i 750.000. Il finanziamento, basato sugli iscritti alle practice (e quindi non più in riferimento all’area geografica come avveniva prima della riforma) proviene da un organismo centrale autonomo (NHS Commisioning Board) con funzione di “accreditamento” e controllo dei CCG. Infatti l’NHS Commisioning Board può anche assegnare, qualora lo ritenesse necessario, una practice ad un CCG. A livello locale, invece, sarà il “New Health and Wellbeing Boards“, con sede nelle Local Authorities, ad assicurare la soddisfazione dei bisogni dei cittadini, raccogliendo ogni eventuale necessità proveniente dagli utenti. Tale organismo vedrà la partecipazione di rappresentanti dei CCG, esperti di sanità pubblica, altri servizi per l’assistenza di minori e adulti, nonchè rappresentati della società civile (Healthwatch).
Tra i principali punti di forza dei CCG spicca sicuramente il maggior coinvolgimento (ed al tempo stesso responsabilizzazione) dei clinici, in particolare dei GP, associato ad una conseguente riduzione della burocrazia a livello centrale, con un consistente trasferimento delle funzioni di programmazione e controllo al livello locale. In questo senso, alcuni definiscono questa non come una rivoluzione, ma la naturale evoluzione del ruolo di committenza svolto dai GP già a partire dagli anni ‘90[16]. Nell’ottica sponsorizzata dal Governo di mettere il paziente al centro dell’NHS, si predispone il sistema alla generazione ed erogazione di un’offerta di qualità che, costituendo sicuramente un vantaggio dal punto di vista dell’iscritto “malato”, potrebbe comportare un potenziale indebolimento dell’attenzione all’iscritto “sano”, in termini di medicina preventiva e di comunità. D’altra parte, la letteratura ha messo in evidenza, già in questo breve periodo, rischi e punti di debolezza della riforma, tra i quali spicca la riduzione dei servizi offerti dall’NHS, solo parzialmente delegati alle “Local Autorities”, con un incremento del ricorso al privato con pagamento “out of pocket”[17]. Su quest’ultimo aspetto molto forti sono le preoccupazioni legate al rischio di una massiccia “commercializzazione” dei CCGs, destinati a entrare nell’orbita di multinazionali ampiamente coinvolte, già prima della riforma, nel “mercato” sanitario (un rapporto di luglio 2010 riferiva che grandi compagnie private, tra le quali spiccavano Virgin, Care UK e Chilvers McCrae, controllavano 227 GP[18], mentre un recente articolo del Guardian ammonisce sul potenziale conflitto d’interesse che sembra coinvolgere almeno la metà, se non tutte, le GP afferenti ai nascenti CCG[19]). Uno dei rischi è che la “competition”, elemento distintivo del libero mercato ed esaltata dall’attuale riforma, potrebbe diventare “consolidation”[20], con ripercussioni negative non solo nella lotta tra i medici di medicina generale appartenenti a diversi CCG per assicurarsi un maggior numero di pazienti, ma anche nell’attività di committenza, per la quale ogni CCG gode della propria autonomia. In questo modo può avvenire che due cittadini della stessa zona e con lo stesso bisogno (manifesto o meno), ma iscritti a due CCG diversi, possano ricevere trattamenti (o attività di prevenzione) differenti per tipologia e costi.
Ma le perplessità principali provengono dal fronte della Sanità Pubblica per gli aspetti legati all’incertezza dei confini geografici e alle modalità di costituzione dei CCG che si potrebbero ripercuotere negativamente sulla tutela dei soggetti che vivono all’interno di determinate aree geografiche. Vi sono infatti numerose riserve in merito al potenziale rischio di selezione dei pazienti da parte dei CCG che potrebbe facilmente aumentare le iniquità e diseguaglianze[21]. Rischi che potrebbero essere acutizzati anche dalla modalità di allocazione delle risorse da parte dell’NHS, non più pesata sulla base dello studio dei bisogni di una determinata area geografica, ma dipendente principalmente dalla composizione dei pazienti afferenti ai vari CCG. D’altra parte, l’equità nell’accesso è un “vago dovere” e non un outcome voluto e valutato nell’ottica del miglioramento continuo[22].
Un ulteriore problema riguarda i sistemi informativi informatizzati. Infatti gli attuali studi di prevenzione e di analisi dei bisogni utilizzano flussi di dati sanitari raccolti su base geografica (flussi dei PCT) che facilmente si interfacciano con quelli derivanti da altre istituzioni (ad esempio le Local Authorities). Mentre i dati raccolti dai CCG, oltre a poter risultare incompleti, faranno riferimento alla lista degli iscritti senza alcun riferimento alla zona geografica di residenza, rendendo difficile l’esecuzione di analisi di popolazione che hanno da sempre caratterizzato l’attività della Sanità Pubblica inglese[23].
Modello USA (Medicare/Medicaid): Accountable Care Organization (ACO)
La sezione 3022, “Medicare Shared Savings Program” dell’ “Affordable Care Act” propone un nuovo modello di erogazione dell’assistenza, mediante l’istituzione delle “Accountable Care Organizations”. Attraverso le ACO ci si propone di ridurre i costi relativi alla quota di spesa sostenuti da quella piccola fetta di assistenza pubblica fornita da Medicare e Medicaid. Di fatto però, tramite la loro istituzione si costituisce un nuovo modello di assistenza con l’obiettivo ultimo di implementare qualità e coordinamento dell’assistenza sanitaria nell’ambito della PHC[24,25,26]. Il termine ACO è stato coniato per la prima volta dal Dottor Elliott Fischer nel 2006 per descrive lo sviluppo di partnership tra Ospedali e Medici al fine di fornire e coordinare un’assistenza sanitaria efficiente nell’ambito di Medicare[27].
Come riportato dal testo di legge le ACO sono costituite da medici che si occupano di assistenza primaria, Ospedali, ed Operatori sanitari di altro tipo che si uniscono “volontariamente” per coordinare e fornire un’alta qualità di assistenza ai pazienti fruitori di Medicare che decidono, anche questi volontariamente, di essere inseriti all’interno di queste modalità assistenziali. L’obiettivo del coordinamento dell’assistenza è quello di garantire che gli stessi pazienti, in particolare i malati cronici, ottengano risposte adeguate ai loro bisogni di salute al momento opportuno, evitando inutili duplicazioni di accessi ospedalieri, nonché di prevenire gli errori medici[27,28,29].
L’Affordable Care Act specifica che l’ACO è costituita da Professionisti ACO (ad esempio, i medici e gli ospedali che soddisfano i criteri di legge ed inseriti nel sistema Medicare) in modalità associativa, ma anche reti di pratiche individuali dei medici ACO, partnership o accordi di joint venture tra ospedali e medici delle ACO e tra ospedali che impiegano i medici delle ACO[27].
Il Dipartimento dei Servizi Sanitari e Assistenziali Americano (MSSP) nell’ambito della istituzione e gestione delle singole ACO sostiene che debbano essere rispettati alcuni punti considerati imprescindibili nella gestione delle stesse[30].
Ad esempio: in ogni ACO deve essere presente un numero congruo di medici di famiglia, i pazienti potranno usufruire di tutti i medici che faranno riferimento a tale sistema senza distinzione tra un ACO e un’altra.
L’ACO si fa inoltre promotrice della Evidence Based Medicine e del coinvolgimento del paziente e in ognuna verrà istituito un sistema di reporting e di valutazione dei costi. Il coordinamento dell’assistenza avverrà tramite l’utilizzo della Telemedicina, ed il monitoraggio del passato del paziente attraverso l’utilizzo di altri dispositivi tecnologici[27].
Come sostenuto dal New England Journal of Medicine il modello ACO combina i principi fondamentali di assistenza primaria (primo contatto, continuità assistenziale) con le innovazioni del 21° secolo come l’uso dei sistemi informativi elettronici, la gestione informatizzata di tutto il percorso di cure con particolare attenzione alle malattie croniche, e al miglioramento continuo della qualità delle cure stesse. Una delle pietre miliari di questo modello è il focus sulla soddisfazione delle esigenze e sulle preferenze dei pazienti, e sulla riforma di pagamento che migliora il rimborso per le pratiche di assistenza primaria[28,31,32].
Ad oggi il modello delle ACO è stato approvato dai contribuenti, dai medici e dai gruppi di pazienti e attualmente sono in essere numerosi progetti pilota in tutto il paese, tuttavia é ancora necessario affrontare le barriere culturali, giuridiche, legali e di risorse per la creazione di nuove organizzazione di “Providers di Cure” nei vari Stati Americani.
Alla luce della rielezione del Presidente Obama ora che la minaccia di abrogazione è svanita, quale sarà il futuro della riforma sanitaria? Quali saranno le sfide ed i conflitti soprattutto a livello dei singoli Stati federali che si prospetteranno sulla lunga strada di implementazione della riforma stessa?[27]
L’analisi della letteratura effettuata sulla riforma in corso sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti, sebbene narrativa e nonostante le riforme siano ancora in una fase preliminare di attuazione, ha messo in evidenza diversi aspetti. In particolare per quanto riguarda il Regno Unito vi sono state fortissime critiche ai CCG da parte dei principali esponenti di Sanità Pubblica e della Medicina Generale (rappresentati dalla British Medical Association) comunemente preoccupati per quella che hanno definito una “legge da uccidere”[33] per evitare “la fine del Sistema Sanitario Inglese”[34]. Di fatto l’Inghilterra, ideatrice e promotrice del modello Beveridge, apre le porte del suo NHS al privato. Mentre gli Stati Uniti, storicamente affezionati all’idea di una sanità di libero mercato, in cui la salute viene equiparata ad una “merce di consumo” che può essere venduta al miglior offerente, iniziano a sperimentare modelli di assistenza “universalistica“ sotto la positiva scia del sogno del “New National Health Plan” del presidente americano Barack Obama[11].
È come se d’improvviso la “deriva dei continenti” avesse invertito la sua “rotta” e l’America e l’Europa avessero iniziato il loro riavvicinamento: sarà di nuovo “Laurasia”? Noi osserviamo i cambiamenti e dalla nostra prospettiva e sarebbe interessante capire se in questa tettonica delle zolle l’Italia resterà unita alla “placca” Inghilterra, oppure tenterà di aggrapparsi alla “placca” USA o, perché no, darà origine ad un nuova e separata “Isola”.
Gianfranco Damiani, Professore Associato Istituto di Igiene e Medicina Preventiva – UCSC. Serena Carovillano, Andrea Poscia, Giulia Silvestrini, Scuola Specializzazione Igiene e Medicina Preventiva – UCSC.
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